E’ la capacità di mettersi nei panni altrui soprattutto per quanto riguarda il sentire/percepire il vissuto emotivo dell’altro.

Immedesimarsi nelle emozioni  (paura, amore, rabbia etc.) dell’altra persona senza giungere ad una completa identificazione, rimanendo adeguatamente presenti a sé stessi e riuscendo a gestire, nel contempo, le reciproche sensazioni ed emozioni.

Essere empatici comporta:

  • Dimostrare vicinanza e comprensione per i sentimenti che l’altro esprime
  • Aprire il cuore all’ascolto privo di alcun giudizio o critica
  • Manifestare una prossimità fisica, amorevole e affettuosa, anche se silenziosa

 

QUAL E’ L’ORIGINE DELL’EMPATIA?

L’origine dell’empatia va ricercata nella trasmissione affettivo/comunicativa  genitore/bambino, dove, una corretta educazione emotiva passa attraverso la capacità dei care-givers di entrare in un contatto affettivo significativo con il bambino.

Un contatto volto a comprendene i reali bisogni, cercando di cogliere gli stati emotivi del bambino, affinchè egli, crescendo in tale ambiente, possa gradualmente imparare a riconoscere, differenziare, comprendere e gestire i propri stati d’animo.

 

Occorre quindi che tra madre-figlio/a (genitori o chi ne fa le veci) si crei una buona regolazione affettiva e che il genitore sia in grado di riconoscere e ben gestire le richieste del bambino in uno scambio relazionale reciproco  in cui il piccolo possa imparare a scoprire le proprie potenzialità, riconoscere e tenere a bada le proprie paure e quindi acquisire fiducia in sé stesso.

 

 

 BASI NEUROBIOLOGICHE DELL’EMPATIA

I neuroni a specchio

Negli anni 80′ e 90′ una task force di scienziati italiani tra cui Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese, Lorenzo Pellegrino e guidata da Giacomo Rizzolatti, scoprì occasionalmente che alcuni neuroni della scimmia si attivavano, non solo quando l’animale compiva un determinato compito, come ad esempio mangiare una banana, ma anche quando osservava lo sperimentatore fare lo stesso: fu per puro caso che infatti un ricercatore decise di mangiare per merenda una banana davanti la scimmia. Ciò che si scoprì fu sorprendente: sia compiere l’azione “raggiungere e mangiare la banana” che osservarla compiere dallo sperimentatore, portò all’attivazione degli stessi neuroni. Questi furono battezzati neuroni a specchio.

Fu possibile localizzare i rispettivi neuroni a specchio anche nell’uomo, identificando un circuito che comprende il lobo frontale, il parietale e in parte il lobo dell’insula.

Il lobo dell’insula rielabora le informazioni che arrivano direttamente dal sistema limbico e dall’amigdala, famigerate sedi anatomiche profonde delle emozioni. Vista la sovrapposizione anatomica non proprio casuale, sembra che questi neuroni a specchio siano quindi intimamente collegati alla comprensione delle emozioni altrui e di conseguenza, all’empatia.

 

 Parallelamente….

E’ l’emisfero destro del bambino ad essere sintonizzato con i segnali che giungono dall’emisfero destro della madre. E’ questo l’emisfero deputato all’elaborazione emotiva, visiva, prosodica e al riconoscimento delle espressioni affettive provenienti dalla madre.

E’ questa la zona della struttura cerebrale che subisce maggiori trasformazioni durante la fase di sviluppo dell’infante.

La psicologia del Sé é sostenitrice del fatto che i genitori in questa delicata fase della crescita del bambino fungono da “oggetti sé” per lo stesso, svolgendo dei compiti regolatori, agiscono quindi come dei regolatori psicobiologici esterni ( Taylor, 1987).

Durante la seconda metà del primo anno di vita, è il volto della madre a rappresentare una fonte unica di stimoli e sono le sue espressioni ad essere cercate e riconosciute dal bambino. Il contatto con il viso della madre, con il volto, suscita nel bambino una scarica di endorfine nel sistema nervoso in fase evolutiva.

La reciproca sincronizzazione e la sintonizzazione psicobiologica sono processi fondamentali per la formazione del legame di attaccamento.

Secondo Allan Schore l’attaccamento può essere definito come la regolazione interattiva della sincronizzazione biologica tra due organismi.

La sede delle trasformazioni dovute a questi primi scambi sociali affettivi è la corteccia orbitofrontale sita nell’emisfero destro.

Il sistema di controllo orbitofrontale ha un ruolo molto importante nella regolazione delle emozioni, infatti attraverso quest’area del cervello è possibile riconoscere delle emozioni a partire dall’espressione facciale del viso altrui e rappresentarla nel nostro mondo interno. Questo è ciò che sta alla base del meccanismo dell’empatia, quale la capacità di sentire e comprendere lo stato emotivo dell’altro.

 

L’EMPATIA NELLA RELAZIONE CON IL PAZIENTE E’ MOLTO UTILE PERCHE’ CI CONSENTE DI:

  • Sospendere il nostro giudizio
  • Sospendere risoluzioni premature del problema
  • Sospendere le opinioni personali
  • Sospendere i valori personali

 e di conseguenza…

  • Focalizzarci sulle esperienze interiori dei pazienti
  • Facalizzarci sui comportamenti esteriori dei pazienti
  • Sviluppare un significato più autentico della problematica presentata dal paziente

Infine…l’empatia si può coltivare…

  • Provando anzitutto a separare i nostri sentimenti ed emozioni da quelli dell’altro
  • Ascoltando quindi l’altro nel suo mondo tutto da scoprire, anche se talvolta possiamo sentire emozioni molto simili.
  • Donandoci ad un ascolto sincero e privo di giudizio che non toglie nulla a noi stessi ma che anzi ci può arricchire
  • Considerando quindi il punto di vista dell’altro come un’altra possibilità di guardare le cose.

  Stefania Filetto 

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